L’outsider imprendibile, l’uomo dei travestimenti, l’affamato di vita, l’inclassificabile.
Parise sarà per sempre indefinito e trascurato dal grande pubblico. O forse, seguendo un teorema che chiunque abbia avuto un amore letterario bello e impossibile conosce, sarà per sempre il campione misconosciuto, il fuoriclasse che sceglie di porsi lontano dal mainstream per brillare nascosto in tutta la sua unicità. Un vero e proprio tesoro per chi abbia la fortuna di scoprirlo e di potersi sintonizzare sulle sue opere. Come molti geni letterari, anche lui marchiato fin da giovanissimo, grazie al suo esordio Il ragazzo morto e le comete, proposto a Neri Pozza a vent’anni. Un libro surrealista, spiazzante, intensamente poetico (amato, fra gli altri, da Andrea Zanzotto), incancellabile.
Parise che ha sempre scritto come se ogni parola venisse incisa sulla carta e sulla pelle. Non a caso, la sua vita discontinua, parsifaliana, di chi continuamente cerca, si rifletterà nella soave discontinuità stilistica e tematica delle sue opere. Anche se a ben vedere l’eterogeneità non fu incostanza ma paesaggi diversi di un unico viaggio. Verso dove solo l’autore, forse, l’avrà infine capito.
Fra queste tessere di mosaico troviamo anche Guerre politiche. Un unicum creato da Parise con il fiato corto e con il sangue dei soldati, con il fango e la fatica dei reportage sul campo, con le esplosioni e gli spari a saturare l’udito, con la polvere dei deserti o l’umido della giungla a confondere la vista. Niente di meglio, per descriverlo sinteticamente, che affidarsi alle parole dell’autore. “Sono qui raccolti alcuni scritti “politici” desunti da altrettanti miei viaggi in zona di guerra o di rivoluzione. Metto “politici” tra virgolette perché sul loro valore politico e non strettamente cronistico contingente (come sul valore politico di qualunque scritto) divento ogni giorno più scettico”.
E quelle zone furono gli angoli roventi del mondo fra gli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso. Il Vietnam, il Biafra, il Laos e il Cile. Parise inviato speciale per il Corriere della Sera e per l’Espresso, che forse in quelle zone, nelle trincee insieme ai marines o ai soldati africani, inizierà piano piano a morire. Senza saperlo, in quei mondi troppo diversi dall’Italia, nei campi di sterminio africani e negli accampamenti, nelle bettole di Saigon, nelle trincee scavate nel cuore della giungla, contrarrà quella malattia che anni dopo lo consumerà silenziosamente.
Leggere questi reportage, oggi, è capire non solo una parte fondamentale dello scrittore Parise, ma anche l’uomo, l’uomo visto nella sua ora più buia, sullo sfondo il sangue, lo sterminio, la distruzione.
Guerre politiche racconta di un giornalismo eretico, che non esiste e che a parte alcuni grandissimi nomi non s’è mai fatto, ecco perché assolutamente da leggere. In questi giorni in cui tutti si proteggono, in cui tutti si risparmiano, in cui molti hanno paura e dunque scelgono di non darsi, c’è la testimonianza di un uomo che scelse di dare tutto. Senza motivazioni, senza proclami. Parise il posseduto dalla scrittura, soggiogato dell’affilata bellezza della vita. E questo perché Parise prese sempre la scrittura come la vita: senza schermi né scudi, spendendo tutto come un ciclista all’ultimo chilometro dalla vetta. Senza mai preoccuparsi delle conseguenze ma dando tutta l’anima e, cosa non meno importante, tutto il sangue, i nervi e i muscoli.
E poi, oltre questa sorta di inconcepibile, raro miscuglio fra esaltazione e incoscienza, che è proprio soltanto dei cronista d’eccezione, c’è la straordinaria intelligenza di Parise. E c’è il suo stile. L’occhio che vaga nei bar del Vietnam o che si intrufola in prima linea, con i marines che guardano storto quell’italiano che non sorride mai e a causa del quale, una notte, indicono un pattugliamento fuori programma, lui che quando lo capisce non sa se temere più le imboscate dei Vietcong o gli sguardi in tralice degli americani. Parise che si spinge fino in Africa per toccare con mano la realtà oltre le parole degli altri, per farsi suo malgrado contaminare dalla miseria di quei luoghi. Un edonista, come in effetti fu Parise, che sceglie di perdersi fra la polvere. Lui che racconta delle giovanissime prostitute di Saigon, dei loro metodi insieme raffinatissimi e volgari per attirare i giovani soldati, ragazzi di vent’anni tenuti in scacco da ragazzine di quindici anni. Dei seimila bambini che ogni giorno morirono durante la guerra in Biafra. Delle scene terribili nei campi profughi, dei due bambini che vide morire in venti minuti davanti ai suoi occhi. Spesso l’opera diventa una sorta di Inferno dantesco messo in prosa e attualizzato, con il protagonista che, invece della consolazione di un Virgilio, trova soltanto l’orrore dei cuori di tenebra. Ma Guerre politiche racconta anche dei grandi animali in fuga dalle foreste dell’Indocina, “resi pazzi ed erranti alla ricerca di spazi arborei non ancora toccati dalla guerra”. Dei momio (le mummie) come venivano chiamati i borghesi in Cile, con cui si intendevano non solo i borghesi, ma anche i senza vita, i noiosi, gli immobili, i senza allegria.
Tutto questo compone un libro incredibile, che sembra un romanzo e invece sono reportage, che sembra finzione e invece è cronaca.
Fidatevi: se avete voglia di coraggio, di verità, di autenticità, di morte e vita in stretto contatto fra loro, procuratevi questo libro, che non smetterà mai di affascinarvi, di scandalizzarvi, di ricordarvi che oltre i nostri uffici e le fabbriche, la routine, i pomeriggi al parco o le domeniche al mare, c’è tutto un mondo fatto di due, tre cose che contano davvero, e che possono bastare per fare di una vita una vita degna. Un libro che mescola grazia e miseria, e che vi colpirà allo stomaco con tutta la realtà e la verità di un pugno, e che altre volte vi sedurrà come il migliore dei vostri amori. Un libro che è come certi luoghi del mondo, o come gli occhi di certe persone che abbiamo incontrato e che non abbiamo mai dimenticato, perché parlavano lingue che pensavamo di non conoscere e che, invece, ci furono immediatamente trasmesse con un singolo sguardo.
Goffredo Parise. Guerre politiche.
Pag. 275, 10,12 euro
Adelphi
Un pezzo di una chiarezza e una bellezza seducenti.
Grazie Manuel, anche il libro è molto bello.
Infatti l’ho già messo nella lista di quelli da prendere.