Quella prodigiosa primavera (Nicolas Bouvier. La polvere del mondo)

Quella prodigiosa primavera (Nicolas Bouvier. La polvere del mondo)

La piena e le piogge che avevano già provocato duemila senzatetto in città travolsero, assieme a molte altre cose, la cinta occidentale della prigione. Diverse celle si erano ritrovate spalancate e il capitano aveva piazzato delle sentinelle sul tetto per impedire ai prigionieri la fuga. Li sentivamo adesso fare avanti e indietro sulle nostre teste, tra i nidi delle cicogne, sbadigliando e battendo l’acciarino. La notte era scesa. Il capitano armeggiava sulle manopole della radio per prendere Baku. Thierry disegnava sotto una nuda lampadina sospesa al filo; io sfogliavo la Bibbia dell’assiro e il tempo non mi pesava. La voglia di restare bloccati lì tanto da leggermi quel libro da un capo all’altro, attentamente, e veder sbocciare quella prodigiosa primavera, mi sfiorò un paio di volte. L’Antico Testamento in particolare, con le sue profezie tonanti, la sua amarezza, le sue stagioni liriche, e le sue liti di pozzi, di tende, di bestiame, e le sue genealogie che cadono come grandine, era davvero al suo posto qui. Quanto ai Vangeli, ritrovavano in questo contesto la loro vertiginosa temerarietà di cui li abbiamo così ben spogliati; ma la carità difficilmente riusciva a incarnarsi, e il perdono delle offese restava decentemente nell’ombra. Non c’erano che le comparse: centurioni, pubblicani o Marie Maddalene, a staccarsi nettamente. E il Golgota, ineluttabilmente. Porgere l’altra guancia non è d’uso a Mahabad, dove un tal metodo non può condurre che a una fine miserevole. Se il Cristo ritornasse in questo luogo, certamente, così come in Galilea, i vecchi gremirebbero rami e inforcature degli alberi per vederlo passare, perché i curdi rispettano il coraggio… poi spunterebbero senza fallo i guai. Dappertutto, comunque, l’esito sarebbe il medesimo: ricrocifisso, e senza perder tempo. Forse, nei nostri paesi ragionevoli che temono i martiri come i profeti, ci si accontenterebbe di rinchiuderlo; forse si potrebbe pure tollerare ch’egli rimanesse libero, a parlare nei giardini pubblici o a pubblicare, con grandi sforzi e nella generale indifferenza, un modestissimo giornale.

(Tratto da La polvere del mondo, Ed. Diabasis, 2009. Traduzione di Maria Teresa Giaveri. In foto: Nicolas Bouvier e Thierry Vernet)